Ri-considerazioni sulla Psicoanalisi on-line
di Silvestro Lo Cascio
Key Words: Psicoanalisi on-line – E-therapy – skype-therapy – setting – psicoterapia on-line
Abstract: il presente lavoro esplora, senza nessun pregiudizio teorico, l’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche all’interno del setting analitico. Viene svolta una disamina sui punti di forza e sui punti di debolezza che l’utilizzo di tali strumenti potrebbe apportare alla relazione terapeutica. Si guardano con lenti critiche gli effetti che potrebbero ricadere sul setting, sul transfert e sull’interpretazione. Inoltre, per sgomberare il campo da rischiose confusioni delle lingue, viene sottolineata la distinzione tra “analisi” intesa come cura psicoanalitica standard, e intervento terapeutico psicoanalitico, contraddistinto invece da un carattere di brevità. Si può intendere allora la seduta via skype, non come una psicoanalisi, bensì come un intervento terapeutico psicoanalitico, dove in base a determinate circostanze, quali un trasferimento temporaneo del paziente, una degenza in ospedale, o come nel caso più recente di una pandemia, la psicoanalisi on-line, contribuirebbe ad essere per il paziente quell’opportunità di ripartire.
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Premessa.
Prima di iniziare ad addentrarci nella spinosa tematica della psicoanalisi on-line è bene evidenziare alcune considerazioni, tra le quali per esempio, che, a leggere questo lavoro, potrebbero essere studenti o comunque ragazzi nati dopo il 1985, i nativi digitali, tutti madrelingua del linguaggio informatico, cresciuti con la presenza d’internet, dei videogiochi e dei social network, hanno comunicato sempre con spontaneità e naturalezza attraverso la telefonia mobile, gli sms, le e-mail, gli istant messaging fino alle chiamate VOIP. Ma a leggere questo lavoro potrebbero essere anche professionisti o comunque persone nate prima della sopra citata data, i migranti digitali, questa categoria con l’avvento del digitale, ha assistito a dei cambiamenti radicali che hanno investito il mondo del lavoro, delle comunicazioni, delle relazioni interpersonali, e anche se hanno appreso la nuova lingua digitale, non hanno perso del tutto l’accento della loro lingua d’origine, manifestando delle perplessità concernenti il massiccio utilizzo delle tecnologie digitali che ha investito ogni campo, dalla medicina alle scienze umane (Prensky 2001, 2010). Va anche sottolineato che ci troviamo dentro un irreversibile processo di potenziamento digitale che coinvolge ogni attività umana, soprattutto quelle cognitive. È superfluo dirlo, ma la tecnologia digitale ha modificato alcune dinamiche delle relazioni interpersonali, al punto che si parla di Iphone effect per descrivere come in contesti di comunicazione all’interno di gruppi, la sola presenza del dispositivo mobile, inizia a distogliere l’attenzione degli interlocutori, i quali iniziano a disinteressarsi della discussione, controllando con lo sguardo il loro smartphone (Misra et al. 2014). Smartphone che ormai utilizziamo come personal computer, orologio, mappa, televisione, e come telefono, e che influiscono sia sul comportamento, che sulla sfera emotiva (Carr 2011). E diversamente dai vecchi media, in cui la televisione rappresentava lo strumento che aveva modificato le relazioni interpersonali face to face (Ong 1982), escludendo l’Altro, questi nuovi media, caratterizzati dall’interattività, irrompono nelle relazioni e sono rivolti sempre allo sguardo ed al controllo dell’Altro. Ma le dinamiche che vengono a crearsi nell’interazione via internet, come per esempio le video chat, prendendo spunto da un lavoro di Metz (1980), per alcuni aspetti potrebbero paradossalmente essere più vicine a quelle del teatro che a quelle del cinema. Infatti nell’opera teatrale, attore e spettatore sono presenti nello stesso tempo e nello stesso posto contemporaneamente, anche se nel caso d’internet si è presenti nello stesso momento ma in posti diversi, mentre al cinema l’attore è presente quando lo spettatore è assente e viceversa, inoltre il voyerismo delle video chat, è più simile a quello del teatro, poggiando anch’esso su una finzione istituzionalizzata e giustificata nell’ordine del reale, dove l’oggetto è d’accordo nel farsi vedere, un po’ come accade a teatro o negli spettacoli di spogliarello, ma sempre su internet, si sviluppa anche un voyerismo simile a quello cinematografico, dove manca il consenso da parte dell’oggetto spiato, in questi casi, l’utente che va a controllare un profilo dell’altro, guardando tutte le foto, i movimenti, gli interessi. L’utente che va a spiare i video postati in diretta facebook, o anche l’utente che passa giornate a guardare siti pornografici, potrebbero essere rappresentati come gli spettatori nella sala buia di un cinema che guardano qualcosa, che si lascia vedere, senza farsi vedere (Metz 1980).
L’utente può quindi essere in un ufficio, nella cucina della sua abitazione, e contemporaneamente può vedere senza essere visto, atto che manca di quella coscienza che consiste invece nel vedere vedersi, dove lo sguardo si realizza sempre e comunque nello sguardo dell’Altro (Lacan 1975). Internet come il cinema ha qualcosa di erotico: inquadrature, svelamenti progressivi, corpi che si mostrano in bilico con una censura, che contemporaneamente aumenta l’eccitazione impedendola, ovviamente su internet la censura è assente e si punta solamente a un’eccitazione senza impedimento, e dove il nudo irrompe senza pudore, ma entrambi possono essere paragonati a una forma di relazione d’oggetto parziale che facilita aspetti di perversione alimentata da feticismo, e dove in entrambi i casi, l’elemento propriamente feticista diventa il limite dello schermo, l’arresto dello sguardo per quanto riguarda il cinema, e l’arresto del contatto fisico per quanto riguarda internet; forse è un azzardo osare dire che internet va a occupare la posizione di oggetto cattivo che un tempo occupava il cinema, mettendosi nella posizione di essere perseguitato annientato e distrutto, e in seguito studiato come forma di riparazione (Metz 1980). Ma nonostante la relazione virtuale attraverso lo schermo esclude il corpo come presenza fisica, esso diviene paradossalmente onnipresente e sottoposto sempre a forme teatrali di extimitè (Lacan 1959-1960), basta osservare i vari profili che si creano sui social network, per rendersi conto di come questo corpo, parcellizzato e tagliato da infiniti scatti fotografici, viene esposto come biglietto da visita per ricordare al mondo la propria esistenza, e per mostrare una perfezione fisica quasi ossessiva (Ferraris e Malavasi, 2001). Le vacanze diventano fotografie di parti di gambe, o di piedi, o di fondoschiena che hanno come sfondo il mare, la maternità viene rappresentata con un pancione nudo fotografato e mostrato, una cena diventa la fotografia di mani perfette che stringono un bicchiere, e così via, immagini comunque che vengono rafforzate da oggetti sé sotto forma di Like; anche le dinamiche che vengono a crearsi in internet dimostrano quindi che il relazionarsi con oggetti parziali non è limitato alla sola infanzia (Eagle 2012). Le nuove tecnologie digitali, ci collocano in una continua “presenza assenza”, paragonabile a una forma di scissione mente-corpo, creata dal continuo utilizzo di tecnologie mobili con connettività Wi-Fi, dove, presenti fisicamente, ci troviamo invece proiettati, attraverso lo strumento tecnologico, sempre altrove (Gergen 2002). In metropolitana, negli uffici pubblici, ogni individuo è connesso al suo dispositivo digitale, e il più delle volte, non per parlare, bensì per controllare notifiche, giocare, ascoltare musica, o semplicemente assicurarsi dello stato on-line o off-line dell’Altro. Mentre scriviamo al nostro pc, contemporaneamente controlliamo le e-mail, diamo un’occhiata alle notizie, cerchiamo il volo più economico, facciamo pagamenti, e magari durante tutte queste operazioni, la nostra percezione, distratta da una vibrazione fittizia, ci obbliga a controllare lo smartphone per leggere o sperare nell’arrivo di un messaggio o di una chiamata, ci troviamo quindi immersi contemporaneamente in attività multiple e parallele in uno stato di called cyber-based overload (Misra & Stokols, 2012a). Nel giro di pochi anni, senza accorgercene, siamo diventati i cittadini di una cyber-cultura, testimoni di un processo globale di cambiamento mentale, che ha modificato come scritto pocanzi, non solo il nostro modo di pensare e le nostre abilità cognitive, ma anche il nostro stile di vita (Greenfield 2016), ma questa non è per niente storia nuova, da sempre i processi di trasformazione, legati alle forme di comunicazione, hanno apportato cambiamenti nei modi di pensare, ed hanno suscitato resistenze oppure speranze, quando si è passati dall’oralità alla scrittura, si è assistito a un pregiudizio testualista (Havelock 1986), al punto che Platone, arrivava a definire la scrittura, come disumana e nociva per la memoria (Ong 1982). Montaigne considerava invece la stampa come un’innovazione letterale, dove la sua oscenità, nell’espandersi, poteva diventare esplicitamente didattica. A quell’epoca il nuovo clichè tecnologico era rappresentato dal giornale, a punto che Lamartine nel 1830 argomentava il suo interesse per il nuovo mezzo, rilevando il modo innovativo e immediato di comunicare, descrivendo il quotidiano come una nuova tecnologia, capace di creare un legame fra il pubblico e lo scrittore ogni ventiquattro ore, laddove invece il libro impiegava settimane e mesi a stabilire lo stesso rapporto (Mclhuan 1962). Il presente lavoro non intende prendere posizioni nette, oppure schierarsi a favore o contrario del fenomeno, ma auspica a un interrogativo in merito, attraverso la singolarità extraindividuale e le sfumature, la nuance (Barthes 1964), che si distingue dal generale e dalle posizioni precostituite, e dove ogni caso va sempre visto come unico.
Terminologia utilizzata.
Con il rapido diffondersi dell’utilizzo delle tecnologie informatiche nel campo della salute mentale, si è assistito anche a un proliferare di termini per indicare i vari modi di effettuare prestazioni sanitarie attraverso internet. In merito, al fine di mettere degli argini a una inarrestabile babele terminologica in cui facilmente ci si potrebbe disorientare, diversi studiosi (Perle 2011; Nickelson 1998; Rochlen et al. 2004; Barak et al. 2009; Dielman et al. 2010) hanno tentato di fornire una nomenclatura universale alla comunità scientifica. Vengono riportate di seguito alcune terminologie concernenti i servizi di psicologia forniti attraverso strumenti tecnologici, contenuti nelle linee guida dell’Ohio Psychological Association (2008):
Tele-health: termine utilizzato nel campo della medicina e della psicologia, che consiste nella divulgazione d’informazioni attraverso files d’immagini o voce, mediante mezzi di telecomunicazioni per fornire servizi di consulenza, istruzione, formazione clinica, diagnosi, valutazioni, e ipotesi di trattamento.
Telepsychology: sono tutti quei servizi psicologici, quali consulenze o formazione didattica, forniti attraverso mezzi di comunicazione a distanza, come telefono, chat, e-mail, videoconferenze ecc.
Online therapy: qualsiasi tipo d’interazione terapeutica tra paziente e professionista, effettuata via internet o via telefonica, in questa modalità non appartengono attività di consultazione e di formazione.
E-Therapy: con questo termine si intende una psicoterapia effettuata attraverso internet, in cui paziente e psicoterapeuta interagiscono via chat o via skype.
e-therapy: si intende la comunicazione e l’interazione nel tempo tra paziente e terapeuta, durante periodi che magari sono fisicamente distanti tra loro, attraverso e-mail, chat o anche skype.
Web-based interventions: sono dei programmi web autoguidati, che hanno come principali obiettivi, l’informazione, la prevenzione e soprattutto quello di apportare dei cambiamenti positivi agli stili di vita, gli utenti possono ricevere informazioni che vanno dall’alimentazione, alla medicina, allo sport, ai farmaci, alla salute mentale, alla chirurgia ecc… questi programmi sono caratterizzati da interventi autoguidati, dove gli utenti non instaurano un rapporto diretto con il professionista.
Online counseling: sono quei servizi forniti dalla rete, in cui il cliente collegandosi al sito web che tratta quella determinata tematica, può contattare un professionista, mediante e-mail, forum, chat rooms, skype, per chiedere dei consulti psicologici, o chiedere di essere indirizzato da un terapeuta per intraprendere una terapia.
Internet-operate therapeutic softwar: sono dei programmi di intelligenza artificiale che utilizzano una tecnologia tridimensionale, per esempio possono includere giochi, ambienti virtuali, e vengono utilizzati come supporto a terapie riabilitative cognitive o anche motorie.
Tutte queste attività utilizzano diversi canali di comunicazione: asincrone, in cui non necessariamente lo scambio d’informazioni avviene simultaneamente, quindi rientrano in questa categoria gli sms, le e-mail, i blog, i forum, registrazioni audio e video; sincrone, in cui la comunicazione tra cliente e terapeuta avviene in tempo reale attraverso telefono, video o text-driven chat, istant messaging, ecc.; si può comunicare in forma testuale o plurisensoriale; in forma immaginaria utilizzando programmi come i MOOs o i MUDs (Merciai 2002); ma tutte queste modalità di comunicare, come ogni sistema simbolico, possono rappresentare anche in rete, così come nelle varie forme di arte, un potente mezzo di organizzazione di emozioni (Lurila 1932).
Psicoanalisi on-line.
La Psicoanalisi on-line, E-therapy, o skype-therapy, ormai realtà diffusa in gran parte degli ambienti psicoanalitici, sta suscitando curiosità e indignazione, ma se andiamo a cercare uno psicoanalista attraverso internet, si può benissimo notare come la maggior parte di loro, oltre ad avere un profilo facebook, possiedono un blog personale, condividono articoli, post, rendono pubblico il curriculum vitae e la scuola di appartenenza. Inoltre, alla voce contatti, oltre al numero di telefono, ormai rigorosamente mobile, indirizzo dello studio con google maps allegato ed e-mail, quasi tutti mettono il contatto skype per eventuali sedute via internet. La psicoanalisi on-line, nonostante sia diventata ormai una realtà in tutto il mondo, si muove ancora tra il non non-detto di chi la pratica, dove per timore di essere presi per ciarlatani, o per paura di essere accusati di tradire lo schema ortodosso di riferimento, si fa ma non si dice (Merciai 2002). La psicoanalisi on-line affonda le proprie radici negli Stati Uniti a partire dagli anni novanta, a utilizzare per primo il termine e-therapy è stato John Grohol, fornendo un servizio gratuito di aiuto psicologico on-line, e creando un sito internet di aiuto per persone con disturbi depressivi, in pochissimo tempo, si è passati dall’uso del telefono, quindi la teleanalisi, alle mail, alle chat, alle videoconferenze, fino ad arrivare alle sedute via skype (Perle et al. 2011). Ovviamente essendo la psicoanalisi non regolamentata da un ordine professionale, per praticare delle sedute on-line, ci si attiene alle direttive dei relativi Ordini degli Psicologi od Ordini dei Medici di appartenenza. Viene riportato di seguito l’art. 78 del Codice di Deontologia Medica, aggiornato al 2016, in cui alla sessione “informatizzazione e innovazione sanitaria” si parla delle tecnologie informatiche:
<<Il medico, nell’uso degli strumenti informatici, garantisce l’acquisizione del consenso, la tutela della riservatezza, la pertinenza dei dati raccolti e, per quanto di propria competenza, la sicurezza delle tecniche. Il medico, nell’uso di tecnologie d’informazione e comunicazione di dati clinici, persegue l’appropriatezza clinica e adotta le proprie decisioni nel rispetto degli eventuali contributi multidisciplinari, garantendo la consapevole partecipazione della persona assistita. Il medico, nell’utilizzo delle tecnologie d’informazione e comunicazione a fini di prevenzione, diagnosi, cura o sorveglianza clinica, o tali da influire sulle prestazioni dell’uomo, si attiene ai criteri di proporzionalità, appropriatezza, efficacia e sicurezza, nel rispetto dei diritti della persona e degli indirizzi applicativi allegati>>.
Inoltre nel 2010, il Ministero della Salute, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, ha redatto delle linee guida che riguardano però solamente la comunicazione on-line in tema di tutela e promozione della salute. Ma torniamo all’area Psy, dove è opportuno evidenziare alcuni aspetti contenuti nelle linee guida per le prestazioni psicologiche via internet e a distanza, nelle more di una codificazione deontologica nei termini di cui all’art. 41 del codice deontologico degli psicologi italiani, che riguardano:
1. Sicurezza.
1.1 Identità degli psicologi.
1.1.1 Gli psicologi devono essere riconoscibili in modo da poterne verificare l’identità e il domicilio.
1.1.2 Gli psicologi associati che sviluppano siti Web devono facilitarne l’identificazione come siti appartenenti a psicologi iscritti all’Ordine professionale.
1.1.3 Lo psicologo singolo o associato che offre prestazioni via internet è tenuto a segnalare al proprio ordine professionale di appartenenza l’indirizzo web del sito presso il quale eroga tali prestazioni.
1.1.4 Gli psicologi sono tenuti a specificare la loro iscrizione all’Ordine professionale. Se specificano anche l’appartenenza ad associazioni scientifiche devono rendere identificabili e contattabili tali associazioni e reperibili i relativi statuti.
1.1.5 Dove un servizio è fornito da più psicologi, questo deve essere chiaramente specificato. In ogni caso deve essere identificabile l’autore della prestazione.
1.1.6 Se i professionisti coinvolti afferiscono a professionalità diverse queste devono essere chiaramente identificabili. Nel sito web in cui vengono offerte prestazioni psicologiche devono essere fornite informazioni relative alle norme professionali e al codice deontologico vigenti, ed alle modalità di consultazioni dei medesimi.
1.2 Identificazione degli utilizzatori.
1.2.1 Di norma va richiesta l’identificazione dell’utente.
1.2.2 Anche nei casi in cui una data prestazione preveda in generale la possibilità di garantire l’anonimato dell’utente, lo psicologo deve sempre valutarne la compatibilità caso per caso. La garanzia dell’anonimato dovrà comportare sempre, da parte dello psicologo, l’adozione di precauzioni supplementari, in relazione anche alla possibilità che gli utilizzatori possano necessitare di specifiche tutele o avere uno specifico stato giuridico (per esempio un minore).
1.2.3 Gli psicologi che garantiscono l’accesso anonimo a prestazioni professionali devono specificare chiaramente quali prestazioni sono compatibili con l’anonimato e quali non lo sono.
1.2.4 Le prestazioni professionali che garantiscono l’anonimato sono allo stesso modo soggette alle regole sul consenso informato ancorché acquisibile solo con un identificativo del cliente.
1.2.5 Le prestazioni professionali a distanza rivolte a minori o a clienti soggetti a tutela necessitano di particolare attenzione e maggiori misure di sicurezza.
Va prestata particolare attenzione alla autenticità del consenso da parte di coloro che esercitano la potestà genitoriale o la tutela.
1. 3 Protezione della transazione.
1.3.1Gli psicologi devono accertarsi della sicurezza delle transazioni, comprese le operazioni finanziarie, e della riservatezza delle informazioni psicologiche e personali, anche attraverso l’utilizzo di tecnologie finalizzate.
1.3.2 Va comunque ricercata la massima sicurezza sul sito Internet, sulla linea telefonica o su altri mezzi elettronici utilizzati, attraverso idonea strumentazione (hardware e software) e compreso l’uso dei servizi cifrati.
1.3.3 I livelli di sicurezza devono essere sempre aggiornati.
2. Riservatezza.
2.1 Riconoscimento dei limiti.
2.1.1 Gli psicologi devono assicurarsi che gli utenti siano informati sulla legislazione relativa alla protezione di dati su qualsiasi tipo di supporto siano registrati, alla comunicazione delle informazioni e sui limiti alla riservatezza, per esempio nei casi in cui ricorre obbligo di referto o di denuncia.
2.1.2 Gli utenti vanno informati circa i dati custoditi e i loro diritti su di essi.
2.2 Conservazione dei dati.
2.2.1 Le regole sulla custodia dei dati e delle informazioni si applicano anche per le prestazioni a distanza per qualsivoglia tipologia di supporto o tecnologia venga utilizzata.
2.2.2 Gli psicologi devono tenere conto della possibilità che l’interazione attraverso mezzi telematici può comportare la registrazione e la memorizzazione delle informazioni anche da parte dell’utente.
Nel 2013, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, ha redatto delle raccomandazioni sulle prestazioni psicologiche attraverso tecnologie di comunicazione a distanza, dove in attesa di una letteratura scientifica più ampia e significativa, fornisce delle indicazioni per chi intendesse seguire tale pratica. Fermo restando che i principi etici e le regole di deontologia professionale dello psicologo si applicano anche per le prestazioni che vengono effettuate a distanza, via internet o con altro mezzo, il punto che interessa la nostra discussione è trattato dall’articolo 6 delle sopra citate raccomandazioni del CNOP, di cui si leggono le testuali parole << nell’ambito delle attività cliniche (quali la psicoterapia, la psicodiagnosi…) l’instaurazione di un rapporto diretto, di persona, è condizione indispensabile per un eventuale successivo utilizzo dei dispositivi di comunicazione a distanza>>. Quindi è bene subito mettere in evidenza, che la skype analisis non può assolutamente essere intesa come modello alternativo al setting analitico, bensì può essere utilizzata in determinate situazioni come supporto integrativo, al fine di permettere il prosieguo di una terapia, di una analisi o di una supervisione. Come per esempio, in alcuni casi in cui un paziente si potrebbe trovare a cambiare città per motivi di lavoro o di studio. Infatti nello scenario contemporaneo sono sempre più numerosi i giovani “expat” che si allontanano dai loro paesi d’origine, ma anche in casi in cui qualche paziente si potrebbe trovare ad affrontare periodi di degenza in ospedale solo per fare qualche esempio. Nella storia della psicoanalisi ci sono stati da sempre casi che hanno generato discussioni o resistenze, già dal IX Congresso Internazionale tenutosi a Bad-Hombourg in Germania intorno agli anni venti, si manifestarono le resistenze da parte degli analisti europei in merito alla psicoanalisi praticata dai non-medici (Bokanowsky 2000), e nel 1926 Freud pubblica un lavoro intitolato “il problema dell’analisi condotta dai non-medici” in cui immaginava già un dialogo con un interlocutore virtuale, qualche anno dopo, nel 1928 Ferenczi pubblica “l’elasticità in psicoanalisi”, e celebre rimane la lettera che Freud inviò allo stesso Ferenczi con la quale lo criticava per alcune tematiche quali “la tecnica del bacio”. Si può benissimo affermare che la storia della psicoanalisi deve un importante contributo alla corrispondenza epistolare che Freud teneva con analisti quali, oltre al già citato Ferenczi, con Jung, Fliess, Binswanger solo per citarne alcuni, corrispondenza ricca di transfert, controtransfert e altri contenuti tecnici, come nel caso in cui Freud in una lettera con Binswanger e Maeder, suggeriva per un paziente caratterizzato da onanismo compulsivo, l’utilizzo di una sonda uretrale come forma di contenimento (Molaro 2016). Nel 1953 Eissler, per spiegare le modifiche del setting classico, dovute dall’influenza della psicologia dell’Io, introduce il concetto di “parametro” basato sui seguenti criteri: deve essere introdotto solamente quando si può provare che la tecnica di base non risulta sufficiente; non deve mai superare il minimo inevitabile; deve portare alla sua autoeliminazione; le sue conseguenze sul transfert non devono essere tali da non poter essere abolite dall’interpretazione. Eissler suggeriva di utilizzare i parametri al patto che fossero ridotti al minimo e che potessero rientrare nel processo interpretativo (Migone 2003). Parametri che potrebbero essere in linea con quanto sostenuto da Odgen (2009), secondo il quale bisogna essere capaci di reinventare la psicoanalisi con ogni paziente. Una psicoanalisi che si è estesa attraverso modifiche del setting e del metodo analitico, il vis a vis in alternativa al lettino, l’importanza della soggettività del terapeuta, l’Esperienza emozionale correttiva (Alexander 1946), la self disclosure, la relazione empatica, ma anche una psicoanalisi che ha varcato altri contesti, quali: le istituzioni; le coppie; genitori e bambini piccoli; solo per citarne alcuni. Una psicoanalisi quindi che ha la sua storia, ma che si muove e va avanti, in continua germinazione direbbe Ferro, e dove il luogo dell’analista non è detto che sia sempre il suo studio, la sua corporeità o il suo divanetto, ma il luogo dell’analista è quello che rende l’analisi possibile (Freites Giovannetti 2013). A tal proposito, gli psicoanalisti non sono nuovi nel ricevere proposte psicoanaliticamente poco ortodosse e a uscire dal proprio studio per rendere possibile la psicoanalisi, come quando Adriano Olivetti, chiese a Cesare Musatti di intraprendere l’analisi con lui a condizioni che <<durante le vacanze lei mi segue nei viaggi e mi fa l’analisi>> (la stampa, 2016, Sara Ricotta Voza). Un altro esempio di psicoanalisi che esce fuori dagli schemi precostituiti è la remote analysis, un esperimento ben riuscito portato avanti da parte dell’International Psychoanalytical Association (IPA), che ponendosi come priorità quello di aiutare la psicoanalisi a rimanere in vita, di aiutarla ad avere un ruolo autorevole nel mondo contemporaneo e a svilupparsi anche nei paesi dove non è praticata, dopo tante resistenze e pregiudizi, a partire dal 2002 ha fondato lo Psychoanalitic Institute for Easten Europe (PIEE), come ente preposto per il training analitico e la ricerca nell’area dell’est Europa, istituzione che attraverso lo shuttle analisis o la concetrated analysis, permette ai tanti candidati per la formazione, che non hanno la possibilità di sottoporsi a un’analisi standard a causa del loro isolamento geografico o per altre circostanze speciali, un’adeguata preparazione analitica riconosciuta dall’IPA, lo shuttle analysis o la concetrated analysis, consiste in blocchi di sedute di psicoanalisi suddivisa in periodi annuali di circa otto settimane ciascuno, durante i quali, i candidati provenienti da queste aree geografiche remote dell’est, si trasferiscono per questi periodi nella città del proprio analista, dove hanno la possibilità di fare un numero superiore di sedute rispetto le tradizionali quattro sedute settimanali; in seguito è stata anche effettuata un’altra modalità di analisi concentrata nei primi dieci giorni di ogni mese; inoltre l’elemento innovativo introdotto per venire incontro agli allievi, è che tra i periodi di pausa dello shuttle, possono effettuare delle sedute via skype, sia per continuare l’analisi, sia per le supervisioni, il tutto è regolamentato dalle line guida stilate dallo PIEE, da cui si può evincere che per quanto riguarda l’analisi con skype, può essere intesa solamente come integrativa, e non può affatto sostituire il numero minimo delle 100 sedute stabilite; per quanto riguarda invece la supervisione, è ammessa anche attraverso skype, mail, telefono o fax, a condizione che vengano garantite un certo numero di supervisioni face to face ( PIEE 2015, Fonda 2011, EPI 2002).
Efficacia delle terapie on-line.
In letteratura esistono pochissimi studi che dimostrano l’efficacia della psicoterapia on-line, e inoltre quasi tutti sono effettuati prendendo come modello terapeutico di riferimento, quello cognitivo comportamentale. Ovviamente questo può essere dovuto al fatto che nelle terapie cognitivo comportamentali si possono osservare in tempi più brevi i cambiamenti, si prestano meglio a programmi di autoterapie guidate, e vuoi perché, forse in linea con un certo pensiero ipermoderno che non tollera l’attesa, e vorrebbe tutto e subito a portata di un clic. Un importante contributo viene dato da studi (Bitencourt Machado et al. 2016, Johansson et al. 2012), che analizzando due autorevoli database scientifici, EMBASE e PsycINFO, un numero di 570 studi, ne hanno selezionati 59, sulla base di alcune caratteristiche: studi che riguardavano forme di psicoterapia effettuate esclusivamente on-line con pazienti tutti di età superiore ad anni 18; studi di psicoterapie on-line in combinazione con trattamenti di web-based interventions, in cui il rapporto con il terapeuta avveniva dopo le sessioni di autoterapia, utilizzando canali di comunicazione sincrona o anche asincrona come le mail. Invece sono stati esclusi trattamenti effettuati esclusivamente con programmi di auto-terapie, quali gli Internet-operate therapeutic softwar, trattamenti esclusivamente farmacologici, e forme di psicoterapie associate a problemi di salute generale, quali parkinson, diabete melito, traumi cerebrali, problemi cardiaci ecc. La durata della terapia è stata di circa 25 settimane per entrambi i gruppi, compreso quello di controllo caratterizzato dalla psicoterapia face to face; ogni studio è stato valutato dagli autori della ricerca e discusso in gruppo, specificando le caratteristiche dei pazienti, il tipo di approccio terapeutico, le caratteristiche della psicoterapia on-line utilizzata, altre caratteristiche delle terapie utilizzate sia per il gruppo di studio sia per il gruppo di controllo, gli obiettivi principali e i risultati principali. Le principali diagnosi dei relativi studi comprendevano disturbi post-traumatici da stress, disturbi d’ansia generalizzata, attacchi di panico, fobia sociale e disturbi depressivi maggiori. Un dato significativo emerso da tutti gli studi selezionati, riguarda un ridotto costo economico del trattamento, l’efficacia ottenuta dalla forma di terapia combinata, mentre solamente due degli studi selezionati, erano stati effettuati con trattamento di psicoterapia psicodinamica, il primo riguardava un caso di disturbo d’ansia generalizzata, messo a confronto con un trattamento cognitivo comportamentale, e a 18 mesi di follw-up si sono ottenuti simili risultati per entrambi i trattamenti; il secondo, un caso di disturbo depressivo, a 10 mesi di follow-up ha dato risultati migliori rispetto un trattamento di psicoeducazione (Johansson et al. 2012). Auspicabile sarebbe un maggiore interesse nel campo della ricerca, affinché tematiche del genere non vengano lasciate in balia di futili discussioni o di posizioni aprioristiche.
Alcune considerazioni sulla psicoanalisi on-line.
L’utilizzo della tecnologia nella pratica psicoanalitica, ha portato nel setting la parola scritta in quella che viene definita per eccellenza la talking cure, infatti, tra paziente e terapeuta è frequente una comunicazione scritta, dove la mail rimane la modalità più usata, ma non manca nemmeno l’utilizzo di sms o istant messaging per comunicazioni più brevi, quali comunicare un ritardo o chiedere conferma di una seduta, ma in ogni caso queste forme di comunicazione fanno ormai parte del setting, instaurando già da prima dell’incontro reale, forme di transfert, e in alcuni casi, queste forme di comunicazioni asincrone, come le mail, in contrasto con le dinamiche di comunicazione verbale e non verbale, hanno suscitato nella diade analitica perfino forme di transfert erotico (Gabbard 2001); inoltre, l’utilizzo della tecnologia informatica, ridefinendo le tradizionali aree di privacy e di anonimato clinico, solleva la questione dei confini professionali, che possono essere suddivisi in tre aree: problemi etici, problemi di professionalità e dilemmi clinici (Gabbard et al. 2011). Paziente e terapeuta si ritrovano in un dialogo online in continua espansione, prima di arrivare in terapia i pazienti cercano informazioni su piattaforme di social media, di blog che parlano di salute mentale, accedono a forme di counseling on-line, e arrivano già dal terapeuta con la loro olofrase sul relativo disturbo (sono depresso, sono ansioso, ecc.), lo stesso vale per i terapeuti che utilizzano queste piattaforme web per condividere conoscenza, ma anche per raggiungere i potenziali pazienti (Lifchez et al. 2012). Queste forme d’interazione, pur sollevando la problematica di una corretta condotta professionale, non sono ancora supportate da una politica che si occupi di regolamentare la condotta professionale dei medici nell’area digitale (Farnan J et al. 2013). È evidente che il web possa influenzare il rapporto terapeuta paziente. Poniamo il caso che una paziente prima di contattare il professionista per una terapia, inizia a consultare il web, controllando la pagina personale del terapeuta per vedere l’orientamento e il curriculum. Ma oltre a consultare la pagina personale, un’altra abitudine è quella di andare a controllare anche il profilo sui social network del terapeuta, in questo caso, potrebbe assumere un ruolo importante anche l’avatar del terapeuta, condizionando la scelta della paziente. Ma questa è solo una faccia della stessa medaglia, infatti dall’altra parte, anche il terapeuta può essere mosso da una curiosità, e prima di incontrare la paziente magari potrebbe andare a controllare il profilo del social network per dare un volto alla persona che deve incontrare. Tutto ciò, potrebbe contribuire a creare nella mente del clinico una idea sugli interessi della paziente. E anche in questo caso, l’avatar potrebbe condizionare gli atteggiamenti del terapeuta. La preoccupazione è quella che prima di arrivare in seduta, si possa creare una sorta di “preliminare informatico” che inneschi dei meccanismi positivi o negativi nella diade paziente terapeuta. Le varie forme di comunicazione, texting o voip, che intervengono anche in maniera intrusiva tra paziente e terapeuta, pongono l’interrogativo se inserire oppure no, queste forme di comunicazione tecnologica all’interno della tecnica psicoterapica. Partendo dal presupposto che non esiste a priori un modo corretto di fare terapia, che ogni paziente è unico, che la psicoterapia non è coercitiva, che a ogni paziente va permesso di mostrarsi per quello che è, e che dobbiamo in ogni caso tentare di analizzare quello che il paziente sceglie di comunicare (Gabbard 2001, 2011, 2012), significativi rimangono alcuni casi descritti dallo stesso Gabbard per rendere meglio l’idea di alcune dinamiche che potrebbero venirsi a creare nella relazione terapeuta paziente attraverso l’utilizzo di una comunicazione tecnologica. Uno per esempio quello di un paziente con disturbo borderline di personalità e con ideazione suicidaria, in trattamento farmacologico e psicoterapico, che scrive una mail allo psichiatra per chiedere quante clonazepam può prendere in un giorno perché non riesce a più a dormire, sottolineando l’urgenza del caso; il terapeuta risponde a questa mail, scrivendo che non può apportare variazioni al trattamento fin quando non si vedono, quindi lo invita a chiamare in studio per programmare un appuntamento; a questo punto il paziente scrive un ulteriore mail in cui comunica al terapeuta che se non farà nulla, sarà costretto a prendere informazioni da internet in merito al farmaco, perché ha necessità immediata di riuscire a prendere sonno. Nell’altro caso descritto, Gabbard riporta alcuni messaggi istantanei che un paziente gli invia, per esempio prima di una seduta comunica tempestivamente che ritarda dieci minuti a causa del traffico, il momento in cui trova il parcheggio e comunica persino quando arriva in sala d’attesa, oppure prima di entrare al cinema scrive un messaggio per chiedere al terapeuta quale attore sceglierebbe tra due che gli elenca ecc.
Considerazioni sul setting.
L’auspicio di una psicoanalisi come cura del futuro, del divenire, di una psicoanalisi che vada avanti e produca nuovi rami e nuove foglie. Una psicoanalisi capace davvero di aprirsi a nuovi setting come direbbe forse Ferro, ci pone degli interrogativi dai quali non possiamo esimerci o far finta di nulla per il solo motivo di evitare angosce causate dai cambiamenti che il tempo impone. E’ opportuno quindi, mettere da parte qualche pregiudizio e iniziare a vedere cosa una seduta via skype potrebbe modificare nel setting analitico. Ma andiamo per ordine, ed è quindi opportuno, fare una distinzione tra “analisi” intesa come cura psicoanalitica standard, e “intervento terapeutico psicoanalitico” caratterizzato invece da un carattere di brevità, dove ricoprono grande importanza l’ascolto e l’attenzione dell’analista, sottolineata tra l’altro in un interessante dibattito organizzato dalla Società Psicoanalitica Italiana, sull’estensione del metodo clinico (De Vita 2016). Seguendo questa ipotesi per la presente riflessione, la seduta via skype potrebbe essere intesa come un intervento terapeutico psicoanalitico, dove in base alle tante circostanze sopra descritte, anche attraverso l’utilizzo di questa tecnologia, per dirla in termini lacaniani, la psicoanalisi e in questo caso anche quella via skype, contribuirebbe ad essere per il paziente quell’opportunità di ripartire. Cerchiamo quindi di sviscerare cosa potrebbe cambiare nel setting con l’utilizzo nella seduta analitica dello strumento tecnologico, o se di setting analitico possiamo parlare. Consideriamo quindi che un paziente, per motivi di lavoro debba trasferirsi all’estero, ma che non intende interrompere le sedute, o anche altri casi in cui, usando un termine winnicottiano, bisogna “cessare psicoanaliticamente di essere psicoanalisti”, e si opta per una seduta on-line. La preoccupazione principale potrebbe essere quella che un setting virtuale possa minare quella visione di setting come “ambiente safe”, non abbiamo risposte in questo e non possiamo averle, ma il nostro scopo non è quello di ricercare certezze ad ogni costo. Dovremmo sforzarci invece, anche in situazioni del genere, ad avere più “capacità negativa” per accogliere qualcosa di nuovo, di selvaggio (Bion1977-1983), dove ogni seduta sia una situazione nuova, una situazione ignota. E se consideriamo la psicoanalisi come pratica dell’in-certezza (Craparo 2013), anche in una seduta via skype, il terapeuta può rappresentare ugualmente quello strumento capace di compiere processi decisionali rapidi in un sistema probabilistico ad alto tasso d’incertezza (Galli 2013). Comunque, non possiamo a priori escludere che anche un ambiente virtuale, possa fornire quella sicurezza necessaria alla seduta. Ma oltre l’ambiente sicuro del setting, è opportuno chiedersi se anche nel cyberspazio si possa generare quel “campo di forze” capace di avviare una tessitura relazionale implicita; e in un contesto del genere, dove il lettino è stato messo in latenza, la domanda legittima su come possiamo capire cos’è una psicoanalisi, si amplifica ancora di più, a tal proposito, pensiamo dunque che soprattutto in questi nuovi scenari che si stanno venendo a creare, rivesta sempre di più, un ruolo di primaria importanza, l’analisi approfondita del terapeuta, che rimane il solo mezzo che permette all’analista di interiorizzare il setting “affinché quest’ultimo resti sempre presente, anche se non lo si può applicare; esso funzionerà come riferimento in rapporto al quale l’analista analizzerà quello che fa” (Green 2016). Ma se il setting interno dell’analista, potrebbe essere quell’elemento che anche in assenza di un setting classico, permetterebbe lo stesso, in determinate situazioni lo svolgimento di una seduta, ci andremo anche a imbattere e forse a stravolgere quello che viene definito “setting muto” (Bleger 1967) ovvero gli elementi invarianti del setting, come il pagamento, la stanza, l’orario, la programmazione delle ferie, queste parti hanno la funzione di deposito delle angosce psicotiche dell’identità e delle parti del Sé non sottoposte a cambiamento, questa parte muta del setting contiene e ripete la realtà simbiotica iniziale (Etchegoyen 1990). Ma ovviamente, se da un lato dobbiamo prendere le distanze da tutte quelle ortodossie che sono per natura sospettose di qualunque deviazione, dobbiamo essere anche capaci di accettare i limiti. Sarebbe opportuno allora, di non parlare di psicoanalisi on-line, bensì come già sopra descritto, di intervento terapeutico psicoanalitico. E si potrebbe dire che, anche la seduta via skype ci mette davanti ad un bivio, lo stesso bivio che Freud aveva illustrato attraverso le arti, la pittura e la scultura. Ovvero, la via del porre e la via del levare, la pittura aggiunge ed arricchisce, la scultura invece toglie e fa emergere, la prima si presta a definire il lavoro psicoterapeutico, la seconda descrive il lavoro psicoanalitico (L. Aiello et al. 2016). Seguendo allora questa metafora, la seduta via skype potrebbe essere intesa come la pittura, che può aggiungere qualche nuova tonalità di colore a una situazione resa difficile da una distanza geografica, o da una decenza in ospedale come precedentemente detto. Dopo aver visto come una seduta online potrebbe cambiare addirittura quegli elementi del setting che finora erano rimasti invariati, un’altra incognita rimane l’assenza del corpo nel setting, ma la psicoanalisi nella storia del pensiero è stata sempre un punto interrogativo (Mangini 2015), e non va intesa semplicemente come vicinanza di corpi, ma anche come dimensione simbolica; riteniamo quindi opportuno sottolineare che la psicoanalisi oltre ad essere il regno della parola, continua a essere una terapia della parola, e a volte abbiamo solo le parole come unica risorsa per arrivare all’insight; ed anche in situazioni dove si opta per una seduta online, si possa lo stesso esercitare l’arte di stare con la mente, in cui si possa conciliare la necessità di mantenere nello stesso tempo, relativamente immobile il corpo ed estremamente mobile la mente anche in situazioni anomale e poco ortodosse, e si auspica che l’analista, anche in un setting virtuale, dove ancora di più emergono tutti limiti del setting e le défaillances (Green 2016), possa riuscire lo stesso eticamente a transitare tra sé e l’altro, a effettuare un “crossing the bridge” (Ferruta 2008), a mettere la “mente a maggese” (Khan M R 1990), a “ascoltare senza memoria e desiderio” (Bion 1962), ma che possa soprattutto anche in situazioni del genere, “saper leggere, guardare attraverso, al di là della razionalità, dell’oggettività, quel delicato e raffinato insieme di presenza e assenza, quel saper raggiungere e accogliere senza volere catturare, una scienza non predittiva, che non si serve di categorie a priori e di protocolli, dal momento che ciò di cui ci occupiamo sono le differenze, le peculiarità di ogni specifico individuo” (Romano F 2016, p. 138).
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