Progetto In.Tra: Intergenerational Transfer<br>I processi trasformativi nell’individuo gruppale a partire dal gioco e dalla psicoeducazione <br> di Cantiano A. (1), Cuzzocrea G. (1), Franquillo A. C. (1), Guccione C. (1), Caretti V. (1), Grassi A., Berivi S., Casamassima S., Russello C., Lucchese F.

Progetto In.Tra: Intergenerational Transfer
I processi trasformativi nell’individuo gruppale a partire dal gioco e dalla psicoeducazione
di Cantiano A. (1), Cuzzocrea G. (1), Franquillo A. C. (1), Guccione C. (1), Caretti V. (1), Grassi A., Berivi S., Casamassima S., Russello C., Lucchese F.

Keywords: gioco, gruppo, psicoeducazione, regolazione emotiva.

Abstract:

Obiettivo: Il presente studio pilota evidenzia l’interazione tra il gioco e le dinamiche neurobiologiche, cognitive ed emotive.

Metodo: è stato proposto a 10 soggetti estratti dalla popolazione generale l’utilizzo di games individuali, competitivi e di cooperazione per valutare cambiamenti concomitanti nel funzionamento individuale e gruppale. Sono stati somministrati strumenti di indagine self-report e interviste semi-strutturate per valutare tratti di personalità, sintomi psicopatologici, condizioni traumatiche, sistema valoriale, disregolazione psicosomatica, intelligenza fluida e regolazione emotiva. Tutti i partecipanti, al termine di ogni session di gioco, svolgevano una psicoeducazione guidata al fine di rielaborare e mentalizzare le tematiche emerse.

Conclusioni: Le dinamiche mentalizzanti hanno favorito percorsi di crescita individuali sulla base dell’esperienza vissuta rispetto al gruppo e al gioco. Intergenerational Transfer sottolinea l’importanza dell’integrazione e regolazione bi-direzionale, l’implemento della esperienza esistenziale del singolo attraverso l’inserimento in dinamiche gruppali favorendo la dimissione di sintomi ascrivibili al gioco d’azzardo patologico.

Introduzione

Il concetto di gioco, intrinsecamente e in una prospettiva generalizzata, richiama un significato piacevole, motivante e aggregante tra gli individui, oltre che essere caratterizzato da una forte natura didattica ed evolutiva (Piaget 1936;1945). La prospettiva costruttivista di Piaget, evidenziando la stretta connessione che il gioco ha con la cognizione, vede il gioco come uno strumento di interazione con l’ambiente esterno, e, di conseguenza, come uno stimolatore dello sviluppo neurobiologico e cognitivo dell’individuo. Inoltre, il gioco permette di sviluppare, nel bambino, capacità essenziali come l’immaginazione e la strutturazione individuale delle emozioni.

A tal proposito, l’attività mentale immaginativa è un presupposto fondante della capacità umana della mentalizzazione (Fonagy and Allison, 2013). Innanzitutto, è fondamentale dire che la mentalizzazione (composta ad esempio da desideri, credenze, pensieri, sentimenti) contiene un vasto numero di operazioni cognitive essenziali per la relazione sé – altro, riguardanti stati mentali come l’attenzione, il riconoscimento, la riflessione, la descrizione e l’immaginazione (Allen and Fonagy, 2006). La capacità individuale di mentalizzare, quindi, è quel presupposto necessario affinché attraverso il riconoscimento dell’altro, comprendendo quindi i suoi stati mentali intenzionali come i bisogni, i desideri, i sentimenti, le credenze, si possa costruire una relazione efficace ed ottimale con il mondo esterno (Bateman & Fonagy, 2012). Inoltre, tale capacità fonda strutturalmente due condizioni basilari dell’essere umano: l’auto-organizzazione (chi sono, come mi rappresento) e la regolazione emotiva (come gestisco e modulo le mie emozioni?).

Tali presupposti teorici mettono in luce quanto il gioco sia fondamentale per lo sviluppo del bambino, tanto che l’interazione madre-bambino nel contesto di gioco sembra essere essenziale per la strutturazione di capacità quali la mentalizzazione, la regolazione affettiva e la simbolizzazione (Halfon et al., 2017).

Fondamentale è la concettualizzazione del costrutto dimensionale dell’alessitimia (Taylor and Bagby, 2000), che sembra andare di pari passo con la capacità di mentalizzazione dell’individuo (quando vi è una difficoltà nel riconoscere e comprendere gli stati mentali altrui). L’alessitimia, costrutto con caratteristiche di natura sia cognitiva che affettiva, rappresenta un deficit nella regolazione interpersonale dell’emozione e della componente cognitivo-esperienziale del soggetto. Ciò si traduce in una difficoltà di identificare i propri sentimenti (anche su un piano corporeo), in una conseguente difficoltà di verbalizzare e descrivere accuratamente tali sentimenti esperiti; in lacunose capacità di immaginazione e, infine, in uno stile cognitivo improntato fortemente nei confronti del mondo esterno. Pertanto, come conseguenza, si osserva una grande difficoltà di risonanza con il mondo esterno oltre che una mancanza di condivisione emotiva, presupposti di base di una deficitaria organizzazione del proprio sé (autostima, autoefficacia).

Come precedentemente menzionato, l’immaginazione è necessaria affinché si possano costruire immagini interne complesse che diano dinamismo ad una vita interiore emotiva e ricca. Pertanto, quando questa viene meno la capacità di esprimere le emozioni sarà maggiormente compromessa e lo stile di pensiero sarà più concreto e pratico.

A partire da tali presupposti teorici, il presente progetto si è posto l’obiettivo di comprendere quanto, attraverso l’utilizzo della psicoeducazione come strumento di rielaborazione delle tematiche personali e gruppali emerse tramite il gioco, si potessero osservare cambiamenti effettivi individuali e di gruppo in termini di mentalizzazione, arricchimento delle capacità immaginative e capacità di autoregolazione.

Metodo

Partecipanti

Il presente studio pilota ha coinvolto soggetti in un range di età compreso tra i 19 e i 25 anni che, per facilitare l’iter di individuazione dei componenti del gruppo, definiamo come categoria “under” e soggetti di età superiore ai 60 anni definiti come categoria “over”. Trattandosi di uno studio pilota, ovvero che ha lo scopo di verificare l’adeguatezza e fattibilità dell’intervento, si è ritenuto opportuno reclutare un campione interamente normativo tramite un metodo di snowballing attraverso i canali di reclutamento proposti dall’Università LUMSA di Roma. I partecipanti risultati idonei e con caratteristiche coerenti con quanto proposto dall’intervento corrispondono a 10 soggetti, rispettivamente cinque partecipanti della categoria under e cinque della categoria over, successivamente suddivisi in due gruppi: Gruppo A e Gruppo B. Il processo di suddivisione è avvenuto tramite l’appaiamento dei soggetti sulla base del genere e della categoria di appartenenza (under/over), definita in fase preliminare.

Procedura progettuale

Il razionale e il piano operativo del progetto, avvenuti nel periodo di piena emergenza sanitaria da Covid-19, risultano allineati alle disposizioni governative, motivo per cui tutti gli incontri con i partecipanti sono avvenuti da remoto tramite la piattaforma virtuale Google Meet. Durante il mese di dicembre si è svolto il primo incontro con i partecipanti durante il quale è stato presentato il progetto, i tempi e le modalità di svolgimento dello stesso ed è avvenuta la presa visione e la compilazione dell’informativa sul trattamento dei dati personali e del modulo di consenso informato.

Il paradigma di ricerca si compone di tre fasi principali o bimestri, per una durata complessiva di sei mesi e di 46 incontri totali, rispettivamente 23 per il Gruppo A e 23 per il Gruppo B, ciascuno a cadenza settimanale della durata di due ore. La procedura sperimentale si caratterizza dall’utilizzo di differenti giochi, valutazioni psicologiche e ore di psicoeducazione, suddivise attraverso un criterio bottom-up dal primo al terzo bimestre, a seconda del gradiente di collaborazione, crescita individuale dei membri dei due gruppi e dei temi trattati durante i colloqui. Le valutazioni, avvenute con l’utilizzo di self-report ed interviste semi-strutturate standardizzate, hanno indagato il profilo di personalità dei pazienti, le funzioni emotive, la sintomatologia fisica esperita e l’intelligenza fluida. Le valutazioni sono avvenute in tre tempi, coerentemente con il procedere delle fasi di gioco dei tre bimestri: ex ante, in itinere ed ex post. La prima ora di ogni incontro era dedicata all’utilizzo dei videogames, componente premiante dell’intero paradigma, a cui i partecipanti si dedicavano mediante un loro personale device. La seconda ora era dedicata alla psicoeducazione, atta alla rielabrazione degli stimoli cognitivo-emotivi che insorgevano nell’ora precedente di gioco. Successivamente a queste, una terza ora veniva dedicata all’analisi dei dati di gioco e alla stesura del tracciato emotivo-comunicativo emerso durante la psicoeducazione.

Psicoeducazione

La metodologia della psicoeducazione è efficace nel rendere consapevole una persona del disturbo che porta. Introdotta nel campo delle scienze della salute mentale negli anni ’80 punta alla consapevolezza e all’acquisizione di mezzi di fronteggiamento delle problematiche scaturite dal un disturbo.

Gli interventi di psicoeducazione, applicati al gruppo A e gruppo B, seguivano le fasi del gioco e si sono susseguiti su tre tempi, in linea con le modalità di gioco: la fase del gioco individuale, la fase del gioco competitivo, la fase del gioco cooperativo. Concepito in un’ottica di condivisione e confronto, l’intervento psicoeducativo ha previsto una serie di unità didattiche finalizzate alla presa di consapevolezza della persona sulle tematiche affrontate di volta durante le sessioni di gioco. Dalla fase neurocognitiva, alla fase emotiva, alla fase del riconoscimento dell’altro, già studi passati ci hanno già confermato la forte correlazione e tra neurocognizione e funzionamento sociale (Galderisi et al., 2014). Gli interventi di psicoeducazione, immediatamente successivi alla fase di gioco, prevedevano un focus indirizzato all’associazione stimolo – parola.

Gli interventi, calibrati in tre tempi (T1; T2; T3) seguivano le fasi del progetto.

T1: Tempo del gioco individuale. Gli interventi di psicoeducazione erano focalizzati sugli stimoli individuali posti in condivisione con resto del gruppo.

T2: Tempo del gioco competitivo. Gli interventi di psicoeducazione erano focalizzati sugli stimoli individuali a scaturiti dal confronto con gli altri membri del gruppo.

T3: Tempo del gioco cooperativo. Gli interventi erano focalizzati sugli stimoli individuali scaturiti dal confronto e dalla collaborazione.

L’obiettivo di aprire una finestra mentalizzante (Fonagy, 2013) attraverso i passaggi dal cosa mi accade/cosa l’altro mi provoca/cosa posso dare all’altro possono essere ritenuti necessari per una buona capacità di “tenere a mente la mente dell’altro” al fine di ridimensionare e migliorare il rapporto col mondo esterno ((Fonagy, 2012).

Esemplificazioni cliniche

Fase I: Bimestre Gennaio – Febbraio

Il primo bimestre si è caratterizzato dall’utilizzo di giochi individuali in grado di stimolare contemporaneamente i due emisferi cerebrali, poiché attivavano l’emisfero cerebrale destro in compiti emotivi e visuospaziali e l’emisfero sinistro in compiti di organizzazione, pianificazione e svolgimento di calcoli. Prima dell’inizio del bimestre, si è svolta una prima valutazione psicologica (T1) attraverso la somministrazione dei seguenti reattivi e interviste cliniche:

  • Symptom Check List-90 (SCL-90; Derogatis et al., 1976);
  • Psychsomatic Disregulation Inventory (PDI; Caretti et al., 2019);
  • Relationship Questionnaire (RQ; Bartholomew, Horowitz, 1991);
  • Childhood Trauma Questionnaire – Short Form (CTQ-SF; Bernstein & Fink, 2003);
  • Toronto Alexithymia Scale-20 (TAS-20; Bagby et al., 1994);
  • Toronto Structured Interview for Alexithymia (TSIA; Bagby et al., 2006);
  • Personality Assessment Inventory(PAI; Morey, 1991, 2007, 2016 ).

Fase II: Bimestre Marzo – Aprile

Durante il secondo bimestre, ai partecipanti è stato proposto l’utilizzo di giochi competitivi. La competizione veniva sollecitata attraverso la creazione di contesti di sfida nell’ora di gioco e, successivamente rielaborata e motivata durante l’ora di psicoeducazione. Al termine della Fase II, è avvenuta la somministrazione della seconda valutazione psicologica (T2), composta da:

  • Portrait Values Questionnaire (PVQ; Schwartz, 1992, 2001);
  • Symptom Check List-90 (SCL-90; Derogatis et al., 1976).

Fase III: Bimestre Maggio – Giugno

In fase conclusiva, si è proposto ai soggetti l’utilizzo di giochi collaborativi che consistevano nel trovare la risoluzione ad indovinelli di difficoltà crescente. La valutazione psicologica finale della Fase III (T3) proponeva la somministrazione delle interviste e dei questionari self-report proposti in Fase I (T1).

Strumenti

Symptom Checklist-90-R (SCL-90 R) (Derogatis, 1994; Prunas et al., 2011). È un questionario self-report a 90 item che valuta un ampio spettro di problemi psicologici e di sintomi psicopatologici, misurando tanto i sintomi internalizzanti che quelli esternalizzanti nell’ultima settimana. Considera 9 dimensioni sintomatologiche primarie: Somatizzazione (SOM), Ossessività-Compulsività (O-C), Ipersensibilità interpersonale (I-S), Depressione (DEP), Ansia (ANX)Ostilità (HOS)Ansia fobica (PHOB)Ideazione paranoide (PAR), Psicoticismo (PSY). Sono presenti anche 7 item addizionali (OTHER) che valutano disturbi dell’appetito e del sonno e 3 indici globali completano la valutazione: Global Severity Index (GSI): indicatore globale dell’intensità attuale del disagio psichico percepito dal soggetto; Positive Symptom Total (PST): riflette il numero di sintomi riportati dal soggetto; Positive Symptom Distress Index (PSDI): indice dello stile di risposta. È ammessa la possibilità di effettuare somministrazioni ripetute.

Psychosomatic Dysregulation Inventory (PDI) (Caretti et al., 2019) È un questionario self-report composto da 100 item, basato su una scala likert a 4 punti (1 = “Mai”; 2 = “Qualche volta”; 3 = “Spesso”; 4 = “Molto spesso o sempre”). Il PDI si impegna a rilevare i rischi di disregolazione psicosomatica, in particolare i sintomi e le alterazioni nelle esperienze corporee che testimoniano una disregolazione nell’acquisizione ed elaborazione. Il PDI si basa su ricerche attuali relative al trauma da attaccamento e conseguenti effetti sul cervello, integrando attuali concettualizzazioni dei disturbi psicosomatici alla luce delle teorie di Porges, Damasio e Panksepp. Lo strumento presenta una buona consistenza interna compresa tra 0,71 e 0,93.

The Relationship Questionnaire (RQ) (Bartolomew & Horowitz, 1991; Carli, 1995). È un questionario che consente di valutare l’orientamento generale dell’individuo verso le relazioni intime. L’innovazione di Bartholomew consiste proprio nell’aver introdotto una classificazione quadripartita dell’attaccamento adulto: Sicuro, Preoccupato, Evitante di tipo Distanziante/Svalutante, Evitante di tipo Timoroso. Lo strumento si compone di due parti. In una prima sezione viene chiesto ai soggetti di leggere quattro brevi paragrafi, ognuno dei quali descrive uno dei prototipi degli stili d’attaccamento (Sicuro, Distaccato/Svalutante, Preoccupato, Timoroso) e di selezionare il paragrafo che meglio descrive il loro modo di vivere e sentire le esperienze e le relazioni sentimentali presenti e passate. In una seconda sezione, viene chiesto ai soggetti di indicare, su una scala likert a sette passi (da 1 = “Per niente simile a me” a 7 = “Del tutto simile a me”), il grado in cui ciascuno dei quattro prototipi dell’attaccamento rispecchia il loro stile generale nelle relazioni intime. L’RQ permette di valutare non solo lo stile di attaccamento in cui i soggetti si riconoscono maggiormente, ma anche il grado di cui pensano di assomigliare a ciascuno dei quattro stili proposti.

The Standard Progressive Matrices (SPM) (Raven, 1998; Raven, 2009). È un test che si propone di valutare l’intelligenza non verbale in bambini e adulti dagli 11 ai 65 anni attraverso compiti di ragionamento astratto. Si compone di 60 quesiti (cinque gruppi di dodici), ognuno dei quali comporta il completamento di un modello o una figura con una parte mancante: all’intervistato viene chiesto di scegliere l’alternativa corretta tra 6 proposte. Non implica una durata stabilita, ma generalmente riporta una durata di completamento stimata dai 15 ai 45 minuti. I risultati si traducono in un punteggio grezzo, che viene poi convertito in una classifica percentile.

Toronto Structured Interview for Alexithymia (TSIA) (Bagby et al., 2006). È considerata oggi il criterio più affidabile per la misurazione del costrutto di alessitimia. Lo strumento valuta le quattro dimensioni salienti del costrutto in modo sistematico e complessivo: Difficoltà nell’identificare i sentimenti, Difficoltà nel descrivere i sentimenti ad altri, Pensiero orientato all’esterno, Fantasia e altri processi immaginative. Si compone di 24 item, (domande) sei item per ognuna delle quattro dimensioni. Gli item sono ordinati in sequenza tale da far seguire una domanda per ciascuna dimensione. Ogni item, riporta domande di approfondimento a cui segue la richiesta fornire degli esempi coerenti alle risposte date in precedenza, utili ad ottenere informazioni più accurate. Al fine di diminuire acquiescenze alle risposte, alcune domande esprimono l’assenza del sintomo in oggetto, anzichè la presenza. La modalità di formulazione delle domande ha lo scopo di elicitare tipologie di risposte adatte per essere valutate su una scala disposta lungo un continuum lineare a tre punti (da 0 a 2), fatta eccezione delle domande che esprimono una negazione a cui si attribuisce il valore in maniera inversa (reverse value). Per alcuni item, il punteggio si basa sulla frequenza della caratteristica presa in esame, mentre per altri il punteggio deriva dal grado di invasività.

Childhood Trauma Questionnaire – Short Form (CTQ-SF) (Bernstein & Fink, 2003). È un questionario che si propone di identificare condizioni traumatiche dell’infanzia. Si compone di 28 item e comprende cinque sottoscale: abuso fisico, abuso emotivo, abuso sessuale, abbandono fisico e abbandono emotivo. Lo strumento include anche una scala di minimizzazione/negazione atto a rilevare la tendenza a sottostimare gli eventi traumatici, composta da 3 item. Tutte le domande del questionario sui traumi infantili sono precedute da “Durante la mia infanzia e la mia adolescenza (dalla nascita ai 15 anni)…”. L’intervistato valuta quanto riportato nei singoli item e sceglie la risposta che meglio descrive le sue esperienze su una scala likert a cinque punti (1 = mai; 2 = quasi mai; 3 = qualche volta; 4 = spesso; 5 = molto spesso). Il punteggio totale (da 5 a 25) di ogni sottoscala è dato dalla somma delle singole voci di cui si compone. Lo strumento inoltre fornisce il range per stabilire quattro livelli di abuso/negligenza per ciascuna sottoscala: Nessuno; Moderare; Acuto; Estremo.

Portrait Values Questionnaire (PVQ) (Schwartz, 1992, 2001). È un questionario self-report che si propone di indagare la modalità di pensiero attraverso la valutazione di 10 valori umani universali: Benevolenza, Universalità, Sicurezza, Realizzazione, Edonismo, Stimolazione, Potere, Autodirezione, Tradizione e Conformità. Si compone di 40 item o affermazioni su una scala likert a 6 punti (da “Per niente simile a me” a “Molto simile a me”) in cui viene chiesto all’intervistato di definire quanto ritiene simile a lui/lei quanto in oggetto. Lo strumento nasce da una riflessione emersa in letteratura, secondo cui le persone di paesi diversi e, persino con percorsi di vita diversi, hanno profili nettamente distanti nei casi in cui si considera quale dei valori ritengono più importanti.

Personality Assessment Inventory (PAI) (Morey, 1991, 2007, 2016). È un efficace questionario di personalità ateorico, pensato per l’età adulta (dai 18 anni in poi) e può essere agevolmente somministrato e compreso, per la sua brevità (45′ per la somministrazione) ed esaustività diagnostica, anche da soggetti con basso livello di scolarità; non richiede per lo scoring l’uso di complesse griglie di correzione, ma offre un sistema di calcolo dei punteggi automatizzato. Lo strumento si propone di valutare la personalità e la psicopatologia ed indaga cinque aree: Validità delle risposte; Sintomi clinici; Stili interpersonali; Complicanze per il trattamento; Ulteriori indici supplementari per valutare aspetti dell’attendibilità e validità del test. Il PAI tiene conto sia della validità di contenuto, che garantisce la rappresentabilità dei costrutti presi in esame, sia della gravità del contenuto (es. la scala Ideazione suicidaria comprende differenti livelli: dalle idee vaghe di suicidio ai piani distinti per autolesionismo). Si compone di 344 item su una scala di risposta likert a 4 passi che comprendono 11 Scale Cliniche, 5 Scale di Trattamento e 2 Scale Interpersonali fra loro non sovrapponibili. Le Scale Cliniche includono tre grandi categorie di disturbi: relativi all’area nevrotica, relativi all’area psicotica e quelli associati a disturbi del comportamento e alle dipendenze. Due scale sono specifiche per le caratteristiche antisociali e per le caratteristiche borderline. Le Scale di Trattamento permettono di formulare ipotesi sulla compliance e sulle complicazioni dello stesso, rilevano il rischio potenziale per sé e per gli altri, l’impatto di eventuali fattori stressanti recenti sulle aree di vita, il livello e la qualità del supporto sociale e un indice di motivazione a intraprendere un eventuale trattamento. Le Scale Interpersonali forniscono informazioni importanti relativamente alle relazioni e alle interazioni della persona, le quali vengono valutate lungo due poli: caldo e socievole – freddo e riluttante. Lo strumento, inoltre comprende 4 Scale di Validità: Inconsistenza (INC/10 paia di item: indica il grado di coerenza con cui il soggetto ha risposto all’intero inventario), Infrequenza (INF/8: indica se il soggetto ha risposto distrattamente, in modo casuale o idiosincratico), Impressione Negativa (NIM/9: suggerisce un’eccessiva impressione sfavorevole o simulazione di disturbo), Impressione Positiva (PIM/9: suggerisce la presentazione di un’impressione molto favorevole o una riluttanza ad ammettere piccoli difetti). Il questionario presenta 27 item critici, che valutano comportamenti patologici che possono richiedere attenzione immediata (ad es., rischio suicidario).

Inoltre, vengono misurati i seguenti indici: Indice difensivo (9 scale), Funzione discriminante Caschel, Indice di simulazione di malattia (8 scale), Funzione discriminante Rogers, Indice di potenziale suicidio, Indice di potenziale violenza, Indice di processo di trattamento.

Conclusioni

Il presente studio pilota è stato frutto del Progetto Intergenerational Transfer volto al potenziamento delle risorse emotive e cognitive di individui giovani e adulti attraverso due strumenti principali: il gioco e il dialogo relazionale.

Il periodo storico attuale, invaso principalmente dalla pandemia da Covid-19, ha fatto emergere ancor di più la necessità di utilizzare tali strumenti per favorire processi di salute psicologica e fisica dei nostri partecipanti.

Il gioco e il dialogo relazionale come fattori core del cambiamento, a cui si sono aggiunti fattori secondari, quali la continuità degli incontri, il rispetto del setting virtuale, la strutturazione degli incontri e la gestione da parte delle conduttrici, hanno permesso la promozione del cambiamento e la realizzazione dello studio. Tuttavia, a causa di tali fattori, associati certamente ad altre variabili di tipo individuale, come i tratti di personalità, sono stati riscontrati tre drop-out, per cui il percorso semestrale si è concluso con un totale di sette partecipanti.

Il cambiamento riscontrato è stato osservato direttamente, gradualmente e, in seguito, retrospettivamente, attraverso le analisi dei punteggi ai questionari somministrati.

Il gioco individuale, competitivo e collaborativo ha consentito il potenziamento delle risorse cognitive e favorito processi di mentalizzazione rispetto a sé stessi e agli altri migliorando indirettamente le dinamiche relazionali all’interno del gruppo.

La prima fase è stata caratterizzata dalla necessità di una costituzione gruppale dove ogni partecipante ha offerto le proprie competenze individuali per raggiungere gli obiettivi prefissati sempre giocando.

In questa fase, gli over hanno mostrato maggiori sentimenti di rabbia, fastidio, nervosismo e irritazione nell’uso della tecnologia, seppur esprimendoli con minori difese rispetto agli under. Questi ultimi, di contro, hanno manifestato un significativo senso di inadeguatezza e di insicurezza relazionale.

La seconda fase, dettata dal gioco di competizione, ha determinato l’emergere delle soggettività nel gruppo. Ognuno portatore della sua unicità ha messo in gioco le credenze, le risorse e le capacità personali potenziando dinamiche di match, mismatch e riparazione relazionale.

Infine, in seguito all’espressione e al riconoscimento delle somiglianze e delle differenze, durante la terza fase, è emersa l’efficacia e l’efficienza del gruppo stesso. Sia gli over che gli under hanno mostrato assertività nella comunicazione e nella cooperazione, stimolando comportamenti di co-costruzione dinamica delle risoluzioni e raggiungendo gli obiettivi prefissati. I partecipanti hanno acquisito maggiore senso di realizzazione e soddisfazione di sé per mezzo e insieme agli altri.

Accanto al gioco, il dialogo relazionale, stimolato dalle conduttrici, ha caratterizzato tutte e tre le fasi dello studio per mezzo della tecnica di psicoeducazione ad orientamento cognitivo. Quest’ultima ha invertito il flusso informativo/formativo intergenerazionale, per cui ha favorito uno scambio intersoggettivo e basato sulla creazione condivisa di dinamiche mentalizzanti. Così la trasmissione di conoscenze avveniva in maniera bi-direzionale: l’anziano insegnava al giovane e il giovane insegnava all’anziano.

Le dinamiche mentalizzanti hanno favorito percorsi di crescita individuali sulla base dell’esperienza vissuta rispetto al gruppo e al gioco. Inevitabilmente, per bias umano di generalizzazione, tale esperienza vissuta si è estesa alla complessità di tutta l’esperienza esistenziale di ogni singolo individuo, approfonditamente affrontata in sedute di psicoterapia individuale, organizzate dal progetto Intergenerational Transfer.

In conclusione, tale progetto Intergenerational Transfer ha promosso incontri di disseminazione in modo da permettere replicazioni dello studio e implementare modifiche interessanti come l’inserimento di un gruppo clinico caratterizzato per esempio da individui con sintomi ascrivibili al gioco d’azzardo patologico.

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(1) Dipartimento di Scienza Umane, Università LUMSA di Roma, a.franquillo@lumsa.it, g.cuzzocrea1@lumsa.it, a.cantiano@lumsa.it, c.guccione@lumsa.it, v.caretti@lumsa.it

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